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Dal gintonic trentino alla farina di corteccia di larice, un intenso weekend settembrino

Metti un gintonic (o meglio, due), un calamaro gigante, una spalmata di ‘nduja su una bruschetta e cestini di focaccia calda come non ci fosse un domani. Così ho dato il via al mio weekend. Tra una risata e le espressioni meditabonde, quelle con gli occhi verso il cielo, nel cercare tra i ricordi alcuni nomi del passato (sono ancora qui che penso…) e una cucchiata della prima crema di zucca della stagione. E’ proprio bello condividere una serata con gli amici che ti hanno visto crescere, che sanno mille segreti di te e che ti conoscono un po’ di più di quanto ti conosci tu stessa. Aiuta a riflettere su alcuni aspetti su cui magari non ti eri minimamente soffermata. E poi ridi. Tanto. Con gli addominali che se li avessi mi farebbero malissimo. E a dire il vero abbiamo pure mangiato splendidamente e all’aperto, in una serata in cui si stava davvero bene.
Un altro nome della lista depennato. No, non nel senso cancellato che non ci voglio ritornare, ma un altro locale testato che mi ha piacevolmente colpito. E così il ToNY di Marano d’Isera entra nella mia foodlist tra i consigliati, insieme alla Casina di Drena. Il personale è davvero simpatico e racconta volentieri dell’origine delle materie prime delle loro ricette. So che il loro piatto forte è “la cacio e pepe” e mi faceva una gola… ma appena detto che c’erano crema di zucca e calamaro, non ho saputo resistere. Ottima anche la focaccia homemade che continua ad uscire dalla cucina (come non ci fosse un domani, appunto).

Il sabato mi sono svegliata con quel senso di colpa di chi dovrebbe andare in piscina, anche alla luce dei bagordi della sera prima, ma non ne ha voglia perchè poi ci vuole troppo a sistemare i capelli (certo, proprio per questo). Ma dovevo assolutamente andare in Val di Fiemme per parlare di progetti (il progetto più bello ma più bello ma più bellissimo del mondo di cui vi parlerò sicuramente prossimamente, #staytuned) e consegnare dei materiali. Dell’inizio di questo ambizioso progetto ricorderò sempre questa frase “La betulla è come il maiale, si mangia tutta e non si butta via niente” con tanto di spiegazione successiva dello chef Alessandro Gilmozzi. Comunque sia, betulla o non betulla, alla fine niente piscina. Ma poi ho pensato che un giretto in mezzo al bosco sarebbe stata la perfetta soluzione. Mi sembrava la giusta mediazione tra la piscina e il dolce far niente. Da Cavalese sono andata in località Cascata (perchè c’è veramente una cascata) vicinissima alla partenza del Cermis. Nello zaino avevo una succulenta vaschetta di frutta mista (uva bianca, banana, prugne e mirtilli) e una borraccia d’acqua freschissima quindi per il pranzo ero a posto (non ci crede nessuno).
Sono partita in direzione malga Val Moena sapendo che, causa la crudele tempesta Vaia, i sentieri in mezzo al bosco sono chiusi per pericolo. Infatti lungo il percorso, il problema è ben segnalato. Per fortuna c’è la strada forestale che sapevo sgombra quindi nessun timore. Il giro è meraviglioso lungo il rio omonimo tra larici, abeti, pini e betulle e un sottobosco che sembra un tappeto di muschi e felci. Ogni tanto sbucava qualche cercatore di funghi con immancabile cestino che mi scrutava come volessi rubare l’oro dalle mani. E io ogni volta ponevo la fatidica domanda “Trovato qualcosa?”. Risposta negativa, sempre. E poi da lontano, dai campanili, arrivavano i suoni a festa e insieme partivano quasi a rispondere a quella musica, i campanacci delle colorate ospiti dei pascoli. Al mio passaggio fermavano il loro lento ruminare per vedere cosa facevo.

Ad un certo punto, mi è comparso davanti il disastro che avevo già visto in altre località trentine. E mi fa sempre male pensare a questo ecosistema piegato dalla forza della stessa Natura che in quei giorni di fine ottobre si è presentata sotto il nome gelido e crudele di Vaia. Quasi un anno da allora.

Incredibile nel silenzio del bosco essere assorbiti dai giochi di luce dei raggi di sole che fanno brillare le fronde degli alberi. In certi punti sono rimasta senza fiato da tanta bellezza. Le foglie si muovevano per una leggera brezza ed era tutto un movimento luminoso. Una danza.
Camminare da sola credo sia una delle cose più belle del mondo per me. Respiro veramente, a pieni polmoni e non c’è niente che mi sconcentri da tutto quello che ho intorno. La solitudine in questi momenti si cancella con la compagnia degli alberi, del cielo e di chi non riesco a scorgere ma so che c’è.
Tra le ultime fragoline e gli ultimi lamponi ho raggiunto la Malga Val Moena che a dirla tutta è uno spettacolo, incorniciata dalle montagne.
A 1800 metri la temperatura era perfetta. In valle fa ancora troppo caldo per me, spero davvero i gradi inizino a calare. Mi sono goduta il paesaggio tutto per me, sdraiata a guardare le nuvole rincorrersi, gustandomi qualche acino succoso. A volte non serve altro per toccare il cielo. Ci perdiamo tra problemi e incertezze, tra delusioni ed emozioni negative. Eppure quel momento mi ha regalato più di tante promesse e parole inutili.

Un girone, quasi sei ore e mille metri di dislivello per 21 km. Me lo sono guadagnato il panino allo speck e formaggio di malga accompagnato da una Radler al mio rientro. Decisamente.

E arriviamo ad oggi, domenica. Appena sveglia di nuovo quel pensiero: e se andassi in piscina? Era presto, la borsa è sempre pronta. Ho provato ad alzarmi e niente, non avevo neanche un cm2 che non mi facesse male.
No, niente piscina.
Con calma e tranquillità un piede dopo l’altro, ho raggiunto la cucina e ho fatto colazione e il mondo di colpo ha cambiato sfumatura, dalla scala di grigi al verde-azzurro che avevo ancora nel cuore dalla giornata di ieri. Ho messo un po’ a posto e poi mi sono preparata perchè in programma avevo: pranzo con mamma. E nientepopodimeno che… al Lusernerhof di Luserna. Non avevo ancora assaggiato i nuovi piatti di Luca quindi per me era come mangiare lì per la prima volta. Il vino che ci ha accompagnato per tutto il pasto era un Lagrein 2017. Un gran Lagrein e non aggiungo altro. 😉
E’ stato tutto uno scoppiettìo di sapori. Il minibun di farina di corteccia di larice non lo dimenticherò mai e poi mai. E il filetto di salmerino alpino e quello di trota iridea con le sue uova e lo zenzero di montagna, il sedano rapa all’aceto di mele. E che dire dell’immensità del gelato al kren, una favola di quelle a lieto fine. O della tagliata di carne salada con il non-mi-stancherà-mai tortel di patate e la crema di topinambur. La mamma invece si è gustata la stagione del pascolo, una delizia di formaggi di malga in tutte le loro vesti con la melata di bosco e poi ossobuco di cervo. Alla fine tiramisù con lamponi e savoiardi bagnati alla grappa. Lei, non io. Io solo due cucchiaiate.
Già, ditelo pure. Potevo morire felice. E invece no.

Ovviamente due passi per la decenza. Un giro nel biotopo di Costa di Folgaria, giro che facevamo tanto, tanto tempo fa. Una giornata magnifica con i colori che si stanno preparando per le tinte che vanno dall’arancione, al giallo ocra e a tutte le tonalità del marrone. Oggi il verde intenso la faceva da padrone, è ancora predominante sovrastando quasi il turchese del cielo. Ma le bacche di rosa canina non lasciano alcun dubbio, l’autunno è alle porte.

8 pensieri riguardo “Dal gintonic trentino alla farina di corteccia di larice, un intenso weekend settembrino

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