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Il mio mondo a piedi

Questa mattina mi sono svegliata molto presto, grazie al simpatico Taco che mi miagolava furiosamente nelle orecchie. Avete presente quella sorta di ululato lamentoso e ininterrotto? Ha fame, vuole uscire, sente gli uccellini, è tutto un “oddio-sento-aria-di-primavera-cosa-sono-tutti-questi-odori-magari-mangio-magari-no-ma-voglio-correre-sul-tetto…”.

Va beh, era nei piani di andare a camminare oggi, quindi caffè doppio e pane di segale home made con confettura di prugne della mia mamma.
Ma dove andare? Non avevo per niente voglia di mettermi in strada con la macchina (Pasquetta, moto, traffico…no) quindi ho pensato al sentiero della rosa, un tornante sopra il paese dove vivo. Non lo avevo mai fatto ma ne avevo sentito parlare. Poi sapevo che c’erano molte evoluzioni di percorso se avessi avuto voglia di proseguire.

Il sentiero 464 della Sat comincia con una scaletta che sale proprio dal secondo tornante secco all’inizio della Val di Cembra. Sassi rossi (porfido), strettissimo, s’inerpica sopra il centro abitato di Lavis facendoti entrare in una dimensione da mondo di Oz. Mi sono trovata nel bosco da subito, ho oltrepassato qualche orto, diversi profumi di erbe aromatiche e il chiacchiericcio di qualche gallina rumorosa.

Dopo il cammino di San Vili, devo dire che adoro vagare da sola. Sono molto più ricettiva e pronta ad assaporare ogni istante. E poi penso, cavolo se penso, pensieri nel profondo che durano parecchio e continuano a girare nella testa. La concentrazione è altissima perchè non ci sono distrazioni. E a volte riesco a trovare perfino delle soluzioni a dei problemi che a casa sembrano invalicabili.

Bosco fitto per un po’ ma con qualche apertura sulla valle, davvero impagabile. Ho perfino visto una baita in legno che mi ha fatto ripensare alle pagine del mio amico Thoreau in “Walden, vita nei boschi”, quando descriveva la casetta che aveva costruito in riva al lago, dove si era trasferito per un paio d’anni.

Conosco la Val di Cembra per i suoi vigneti terrazzati, i tanti muretti a secco, per le sue pendenze ma anche per la luce che cattura vista la magnifica esposizione. Grazie anche ad un terreno porfirico, ricco di calcare, i suoi vini hanno carattere, sono aromatici e minerali.
Ma la vera sorpresa è stata l’ampia distesa di meleti, campi infiniti punteggiati di bianco e rosa. Ho scelto il giorno perfetto, l’esplosione della fioritura, un manto candido che si sa, ha vita breve.

La salita verso il Monte Corona è bella tosta per il primo tratto ma poi si addolcisce. Ho camminato tre ore per arrivare in cima e devo dire che ci sono dei prati che invitano a sdraiarti e sonnecchiare all’ombra di alberi maestosi. Quando raggiungi il punto più alto e domini  la Paganella e le Dolomiti di Brenta, rimani senza fiato.

Impagabile la vista dalla panchina dove ho letto “Il mondo a piedi” di David Le Breton. L’elogio della marcia… Mi piacciono gli aneddoti che racconta, i riferimenti ad altri scrittori come Stevenson, Rousseau, Lee. Quando l’autore racconta del primo passo, che non sempre è agevole e non sempre lascia il cuore calmo, riferisce di chi spera di sentire il richiamo familiare di un parente che lo faccia desistere. Provo anch’io questo senso di timore all’inizio di ogni viaggio, penso a tutte le insidie che potrei incontrare sul mio cammino ma dura un momento: appena metto in moto le mie gambe si apre il mio mondo a piedi.

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