“A volte mi capita di vivere come se dovessi camminare sempre, ininterrottamente. Se chiudo gli occhi riesco perfino a vedermi: pantaloncini blu, camicia chiara, scarponi, calzettoni e uno zaino dai colori vistosi sulle spalle. Capelli raccolti in una coda alta con la frangia un po’ lunga che mi dà fastidio. E cammino, senza mai fermarmi. E’ davvero una bella sensazione, rilassante. Sono serena ma non mi basta. L’avventura chiama.
Attraverso boschi, calpesto tappeti di muschio, annusando l’aria che ricorda Natale, un passo dopo l’altro su sentieri facili che si inerpicano tra le rocce che mi graffiano le ginocchia. Ho caldo, il sole mi picchia sulla fronte e io guardo il cielo. Mi appoggio ad un tronco di betulla per riposare, perchè inizio a sentire la fatica; il mio respiro si deve calmare.
Ma è più forte di me.
Non aspetto di essere totalmente tranquilla, vado avanti. Sento in lontananza lo scroscio dell’acqua, prima flebile, poi sempre più fragoroso.
Raggiungo le rive di un torrente impetuoso, nessun ponte all’orizzonte. So che devo trovare il modo di andare dall’altra parte ma non so come fare. Mi prende l’ansia e sono un continuo movimento, irrequieto. Vado avanti poi torno indietro, metto il broncio verso un’ombra che vedo solo io. Credo voglia farmi dei dispetti. Le parlo e non mi risponde, le chiedo di autarmi ma non lo fa. Si prende gioco di me.
Fino a poco prima il mio animo era felice, intorno a me c’era tutto ciò che desideravo ma dentro nel profondo, provo sempre la spinta a procedere perchè non è mai abbastanza, voglio di più. Le acque che prima erano limpide, di tutte le tonalità dallo smeraldo al turchese, ora sono color caffè latte, corrono così veloci e sbattono sulle grandi pietre spostando in certi punti anche tronchi molto grossi. Come posso fare per andare dall’altra parte? Cerco di ingegnarmi e trovare un punto, un modo per aggirarlo, ma ogni volta torno daccapo.
Mi siedo su un grande sasso e osservo per un po’ le insidie che ho di fronte: la tristezza mista alla paura mi pervade, sono incapace di trovare una soluzione. Piagnucolo come una bimbetta e scelgo di tornare indietro. Trovo mille scuse, incolpo gli alberi e mi giustifico con le nuvole. Ricomincio a camminare dalla parte opposta, furiosa con passo veloce, batto pesantemente gli scarponi sul terreno.
Ma il senso della sconfitta per me è come la vergogna che si tramuta in orgoglio e la voglia di farcela è più forte, così decido.
Devo affrontare il mio torrente impetuoso, violento, rabbioso, cattivo, travolgente. Se avesse degli occhi mi guarderebbe sfacciato, convinto di portarmi sul fondo. Capisco che c’è un solo modo per superarlo. Non ha importanza quanto ci metterò: lo devo guadare.
Entro nell’acqua, gelida nonostante i primi segni della primavera. Di colpo mi sembra sia aumentato il cinguettìo dei cardellini sui rami dietro di me: stanno facendo il tifo, lo so. Non mi sento sola, il coraggio mi invade e spingo in avanti. Sento il dolore, fa malissimo. Si sta aggrappando a me con tutte le sue forze. L’acqua mi entra nel naso, sento il sapore della terra. Solo attraversandolo arriverò dall’altra parte, mi ripeto. Sta per trascinarmi lontano come quei grandi tronchi e il cuore inizia a battere così forte, che sono sicura stia per uscire dal corpo. Le lacrime sembrano ormai gocce del torrente e le mie urla si confondono con il frastuono.
Sono dentro, ho toccato il punto più profondo ma se faccio un passo in avanti, penso, ho oltrepassato la metà. Ancora un po’, trattengo il fiato, ancora uno mi ripeto, lentamente, ma concentrata solo su di me.
Ce l’ho fatta e mi butto esausta sull’erba respirando affannosamente. Sorrido guardando il blu sopra di me, tremando e con la pelle d’oca. Un po’ ammaccata e con qualche ferita, le mie gambe sono piene di botte. Ma sono viva. Malconcia ma viva. Alzo lo sguardo e rivedo il mio percorso, lunghissimo pieno di ostacoli. Ho vinto, ma che fatica. Non dimenticherò un istante e nemmeno uno dei cm che mi hanno portato fino a qui. Ma qui sono arrivata.
E soprattutto, ne sono uscita.”

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Per l’ultima volta
EGS